Sono serviti molti anni per iniziare a considerare la sicurezza sul lavoro come un beneficio e non come un costo. Massimo Spada ci racconta come siamo arrivati alla prevenzione 4.0
Massimo Spada – HSE e RSPP Nuova Castelli S.p.A.
Mi chiamo Massimo e ho da poco raggiunto il traguardo dei 50 anni, metà dei quali passati ad occuparmi di sicurezza. Direi che non è male come risultato. Ho sempre avuto una grande passione per la sicurezza e la prevenzione dei rischi nei luoghi di lavoro, argomento che fino a qualche anno fa era considerato spinoso, ma che oggi viene percepito in modo completamente diverso. E per fortuna, aggiungo.
RSPP: definizione e descrizione
Chi è esattamente l’RSPP? La definizione ci viene data dal Decreto Legislativo 81/2008: è il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, ovvero quella persona che abbia determinate capacità e requisiti professionali, designata dal datore di lavoro, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi, cioè l’insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati a prevenire e proteggere i lavoratori dai rischi professionali. In pratica, io sono colui che valuta i fattori di rischio presenti all’interno di un’attività lavorativa e che progetta e pianifica il programma di miglioramento per garantire la sicurezza dei lavoratori. Detto così sembra quasi semplice, ma vi posso assicurare che non lo è e, soprattutto, non lo era in passato.
L’evoluzione del ruolo dell’RSPP
Ho iniziato circa vent’anni fa e il mio ruolo, all’epoca, non era visto di buon occhio. “La sicurezza?” “In che senso?” “Perché occuparsi della sicurezza e della salute dei lavoratori?” “In quali rischi si può incorrere?” “Non me ne sono mai preoccupato prima, perché dovrei iniziare adesso?” Queste erano le tipiche frasi che sentivo quando parlavo con datori di lavoro, responsabili aziendali e perfino con i lavoratori. La sicurezza veniva percepita come costo e non come beneficio. Per enfatizzare ancora di più il concetto, direi che la figura dell’RSPP era considerata quasi una rottura di scatole (fumo negli occhi, spina nel fianco…).
Mancava, a mio avviso, la cultura della sicurezza, la consapevolezza che investire nella prevenzione dei rischi è, a lungo termine, anche un risparmio per l’azienda. Un minor numero di infortuni sul lavoro significa meno persone assenti e aumento della produttività. Questo pensando solo alle aziende, ovvero tralasciando i costi che l’INPS deve sostenere per pagare gli infortuni, che inevitabilmente ricadono sulla comunità, ovvero su tutti noi.
Fortunatamente, con il passare del tempo, la rotta si è invertita e oggi viene dato grande risalto alla prevenzione dei rischi; anche la figura dell’RSPP è cambiata. Ho vissuto in prima persona questo cambiamento, mettendoci tanto impegno che, nel tempo, è stato ripagato: chi mi vedeva quasi come “il nemico” adesso mi considera un alleato. La mia capacità di ascolto mi ha premiato e, ad oggi, ogni lavoratore sa che può rivolgersi a me per evidenziare comportamenti a rischio o fattori che possono influenzare la sicurezza della collettività lavorativa.
Prevenzione 4.0
Naturalmente, da parte sua, l’RSPP deve adeguarsi ai tempi, cercando di comprendere i nuovi rischi legati al cambiamento della società e, di conseguenza, del mondo del lavoro. Per esempio, fino a poco tempo fa, nessuno avrebbe mai pensato allo smart working come parte integrante della nostra vita lavorativa, ma oggi è necessario valutare ogni tipo di rischio, anche quelli che prima non venivano considerati. Una prevenzione 4.0, per usare un termine tanto di moda, che comporta continui corsi di aggiornamento ma soprattutto la capacità mentale di adeguarsi a cambiamenti sempre più rapidi. Una sfida stimolante, che ogni giorno affronto con nuovo entusiasmo.
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