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Diffondere la cultura della sicurezza in università

Marco Bolzoni racconta la sua esperienza di RSPP all’interno dell’Ateneo non statale più grande d’Italia e la sua missione per la divulgazione di una corretta cultura della sicurezza: ecco cosa significa avere il compito di diffondere la cultura della sicurezza in università.

Sicurezza e prevenzione all’Università Cattolica di Milano

Tra i principali obiettivi organizzativi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, occupa una rilevanza particolare la salvaguardia della salute e della sicurezza del personale docente e non docente, degli specializzandi, dei dottorandi, dei tirocinanti, dei contrattisti, dei borsisti, degli studenti e dei visitatori, nonché la tutela degli ambienti e dei beni utilizzati per lo svolgimento delle rispettive attività istituzionali, secondo quanto previsto dalla missione dell’Ente. Collaborare al perseguimento di questo obiettivo è compito di tutti, verificando costantemente che siano rispettate le condizioni necessarie a mantenere gli ambienti di lavoro e di studio dell’Ateneo salubri e sicuri. Devono essere conosciuti e rispettati gli adempimenti normativi e le buone prassi interne che regolamentano lo svolgimento in sicurezza delle attività, promuovendo il miglioramento continuo del sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro. (fonte https://studenticatto- lica.unicatt.it)

Diffondere la cultura della sicurezza in Ateneo

Mi chiamo Marco Bolzoni e, dal 2002, sono il Responsabile del Servizio Prevenzione della sede di Milano dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. In realtà, il mio rapporto con l’Università, o meglio, con l’Ateneo, come lo chiamiamo noi, era cominciato negli anni ‘90 come fornitore e poi, come si usava allora, sono stato cooptato dall’organizzazione nel 2000 come ASPP, ovvero Addetto al Servizio Prevenzione e Protezione (abbiate pazienza: noi della sicurezza abbiamo una passione per gli acronimi, peccato che spesso ci lamentiamo perché gli altri non ci capiscono…). Ormai ricopro il ruolo da un periodo di tempo significavo e penso di potermi permettere alcune riflessioni da condividere con chi avrà la pazienza di leggere questo articolo. Il mondo universitario, visto dalla mia angolazione professionale, è senz’altro particolare e non facile da approcciare. Le università sono organizzazioni complesse, con compiti e responsabilità non sempre chiari e ben definiti.

Nell’ambito della sicurezza, dove la normativa è stringente, tradurre gli obblighi in modalità operative spesso diventa, per usare una metafora simpatica, la corsa del cocomero in salita: correre in salita spingendo un cocomero è sempre rischioso, in quanto c’è la possibilità di dover ricominciare dal punto di partenza. Premetto che l’Università Cattolica è la più grande università non statale d’Italia: ci muoviamo con qualche vincolo in meno rispetto ai colleghi delle università pubbliche, ma anche con qualche riferimento operativo non proprio chiaro.

Qual è il compito dell’RSPP in università?

Come si muove l’RSPP nell’ambito universitario, nella mia Università? Dopo un po’ di anni di esperienza mi sono reso conto che l’unico modo per svolgere con profitto questo lavoro è quello di essere percepito come risolutore di problemi. Faccio un esempio: gli studenti di archeologia, per laurearsi, hanno bisogno di un certo numero di crediti formativi e, negli ultimi anni, per ovvie ragioni, la gestione dei cantieri e dei coordinatori per la sicurezza non è stata alquanto facile. Altri esempi: l’RSPP è il soggetto che gestisce le richieste delle società che ospitano gli stage dei nostri studenti, che compila i questionari per la sicurezza che arrivano dalle società che inviano i propri dipendenti a master o corsi di specializzazione presso l’Ateneo.

Direi che non c’è di che annoiarsi e ne sono molto contento. Spesso mi capita di riflettere sul limite del mio lavoro, forse tanto specialistico: è difficile trasmettere competenze, conoscenze e sensibilità anche ad altri settori che presentano criticità, anche in termini di sicurezza. Il mio obiettivo è quello di trasmettere le tecniche fin qui adottate e divulgare l’intangibile, ovvero la cultura della sicurezza: quell’insieme di competenze, sensibilità e modi di percepire i problemi e di trovarne la soluzione, considerando la sicurezza come parte integrante del lavoro. 

Per assurdo, lavorare in una struttura che non riporta indi- ci infortunistici di rilievo, essendo a vocazione umanistica, non sempre aiuta a trovare gli argomenti adatti per soste- nere i propri punti di vista. Preferisco così: e poi, siamo proprio sicuri che questi buoni risultati (dati per scontati) ci sarebbero lo stesso senza il lavoro di chi, come me e i miei colleghi RSPP universi- tari, non lavora sugli aspetti di prevenzione, di supporto alle decisioni tecniche, di formazione alla sicurezza e per la gestione dell’emergenza e di tutto ciò che facciamo nel nostro quotidiano?

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