Spesso sottovalutati, gli impianti di trattamento aria sono l’anello di congiunzione tra inquinamento outdoor e indoor: vediamo perchè e come fare per respirare sempre aria pulita.
Andrea Casa – Amministratore Delegato di Alisea S.r.l., Presidente Emerito di AIISA, Membro del Board of Directors di NADCA
Respirare aria pulita è vita
Respirare è un atto involontario, che il nostro corpo compie senza che dobbiamo pensarci: lo facciamo e basta. Se riflettiamo anche solo per un istante, ci rendiamo conto che respirare è la base stessa della nostra vita, perché senz’aria non esisteremmo. Il primo respiro di un neonato è il segno inequivocabile di benvenuto al mondo e respirare senza difficoltà è l’indicatore primario del nostro stato di salute: quando respiriamo a fatica o abbiamo “il fiato corto”, pensiamo subito che qualcosa non vada e ci spaventiamo. Quando siamo stressati e vogliamo rilassarci, è sempre il nostro respiro che ci viene in aiuto: la corretta respirazione è la base di tutte le discipline orientali e io stesso, quando voglio isolarmi dal mondo e ricaricarmi, pratico la meditazione concentrando la mia energia sulla respirazione. Certo, in un mondo ideale, l’aria che noi tutti respiriamo dovrebbe essere pulita, priva di contaminanti, insomma, solo l’aria pulita non è dannosa per la nostra salute. Ma la realtà è un’altra.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), già da anni aveva scelto di ridurre drasticamente gli standard relativi ai valori massimi di inquinanti ammissibili, basati sulle linee guida pubblicate nel 2006 (e aggiornate nel 2021 con limiti ancora più stringenti) che, per la prima volta, hanno fornito obiettivi uniformi circa la qualità dell’aria per tutti i Paesi del mondo. Sempre secondo l’OMS, ogni anno, circa otto milioni di decessi sono causati dall’inquinamento atmosferico. Di questi, tuttavia, solo tre milioni e ottocentomila sono attribuiti all’inquinamento outdoor: il numero più alto, circa quattro milioni e duecentomila, riguarda gli ambienti chiusi. Questo deve farci riflettere, soprattutto deve portarci a considerare che esiste un rapporto molto stretto tra l’inquinamento outdoor e quello indoor e che l’anello di congiunzione è rappresentato dagli impianti di trattamento aria.
Qualità dell’aria e impianti di ventilazione
Ormai da decenni si compiono studi per appurare lo “stato di salute” dell’aria che respiriamo, focalizzandosi in primis sull’aria esterna, quella outdoor. Nel 2018, l’International Agency for Research on Cancer (IARC) ha riconosciuto l’inquinamento dell’aria, sia indoor che outdoor, come condizione di rischio per l’insorgenza di malattie croniche, al pari delle scorrette abitudini alimentari, del tabacco e dell’abuso di alcol.
In anni recenti e specialmente dopo la pandemia, finalmente, si sono concentrati gli sforzi sull’importanza dell’aria che si respira all’interno degli ambienti, la cosiddetta aria indoor. È molto comune considerare che l’inquinamento dell’aria sia un aspetto limitato esclusivamente all’ambiente esterno, così come lo è la convinzione che le mura degli edifici costituiscano una sorta di protezione rispetto a tale fenomeno. In realtà, è tutto il contrario.
Ma in che modo gli impianti dell’aria sono coinvolti nell’inquinamento sia esterno che interno? Facciamo una semplice considerazione: l’aria esterna già inquinata che respiriamo quando siamo fuori, è la stessa che poi entra negli edifici, portando con sé ogni tipo di inquinante. Oltre all’aria che arriva dall’esterno, però, bisogna considerare che gli impianti di trattamento aria in sé possono essere fonte di inquinamento indoor, se non gestiti correttamente dal punto di vista igienico.
Contaminazioni dell’aria indoor
Le contaminazioni che possono avere origine in ambiente indoor sono di vario tipo. Per iniziare, ci sono i COV o VOC (composti organici volatili), fra cui terpeni, alcoli, chetoni, aldeidi e altri, che spesso provengono da materiali utilizzati per la costruzione e l’arredamento di interni. I COV possono avere anche origine microbiologica, derivando in questo caso da microrganismi come le muffe (diventando così MVOCs – Microbial Volatile Organic Compounds). Altri COV derivano da reazioni chimiche, come la formaldeide, gas estremamente tossico.
Dopo i COV ci sono le contaminazioni di tipo fisico, ad esempio quelle dovute alla presenza del gas radon, che proviene dal suolo. Se questo penetra negli impianti aeraulici in concentrazioni eccessive, può essere molto pericoloso per la salute degli occupanti: a giugno di quest’anno, per esempio, il Tribunale di Milano ha dovuto chiudere un suo ufficio sotterraneo proprio per questa ragione.
Infine, c’è la contaminazione di tipo microbiologico: i sistemi di trattamento aria sono ambienti ospitali per vari microrganismi come batteri (Staphylococcus aureus, Legionella pneumophila), funghi come il Cladosporium e l’Aspergillus e muffe e lieviti, come ho accennato poco fa.
In ormai 25 anni di esperienza nel settore aeraulico, ho visto davvero di tutto: dagli animali che si sono infilati all’interno dei condotti, alle polveri, fino agli oggetti dimenticati, magari in fase di installazione dell’impianto, tutt’altro che aria pulita.
Negli ultimi decenni, l’inquinamento indoor è stato oggetto di continue valutazioni, anche in virtù dell’evoluzione dei vincoli tecnico-progettuali e dall’avvento di nuovi materiali e tecnologie costruttive, che, di fatto, hanno favorito un progressivo aumento delle sostanze inquinanti nell’aria. In particolare, l’esigenza di contenere i consumi per il riscaldamento e il condizionamento, in parte derivante dalla crisi energetica mondiale di inizio anni settanta, ha imposto un miglior isolamento termico degli edifici e una sempre maggiore “sigillatura” degli stessi. In tale contesto, è diventato inevitabile integrare la ventilazione naturale con mezzi meccanici, al fine di garantire una corretta aerazione degli spazi interni. Se consideriamo ora che, ogni giorno, in media, inaliamo circa 11.500 litri di aria e che la maggior parte della popolazione urbana trascorre l’80-90% del proprio tempo all’interno di edifici chiusi, è facile intuire il ruolo fondamentale che la qualità dell’aria interna riveste per la salute delle persone.
Studi sull’inquinamento indoor
Naturalmente, tutte queste valutazioni si basano su diversi studi condotti negli anni. In particolare, in Europa, nel 2011 è stato avviato un importante progetto di ricerca denominato OFFICAIR (On the reduction of health effects from combined exposure to indoor air pollutants in modern offices), che ha dimostrato come i livelli di inquinanti indoor fossero sempre superiori rispetto a quelli dell’aria esterna e come, nella maggior parte degli edifici esaminati, le quantità riscontrate (per esempio di formaldeide, benzene e terpeni) fossero di gran lunga superiori ai livelli soglia. Appare sempre più evidente che il controllo dello stato igienico in cui versano gli impianti è uno dei più importanti elementi che concorrono al mantenimento di un’elevata qualità dell’aria indoor e, di conseguenza, alla tutela della salute dell’uomo. Gli impianti di trattamento aria, infatti, sono una delle principali cause dell’inquinamento indoor, perché con il passare del tempo, per la loro stessa struttura e funzione, subiscono possibili fenomeni di malfunzionamento e fisiologici fenomeni di contaminazione.
Numerosi studi hanno evidenziato come la contaminazione microbiologica dell’aria sia riconducibile principalmente alle scarse condizioni igieniche degli impianti, oppure a errori nella progettazione e installazione, che non ne consentono un’adeguata manutenzione. L’accumulo di polveri, infatti, così come la presenza di detriti e incrostazioni all’interno dei vari componenti, favorisce la colonizzazione delle superfici da parte degli agenti microbiologici.
Sick Building Syndrome e Building Related Illnesses
Quali sono le conseguenze di un impianto dell’aria in cattivo stato igienico, sporco? Sulla base di evidenze raccolte in oltre vent’anni da diversi gruppi di ricercatori possiamo affermare che le contaminazioni chimico-microbiologiche dell’aria indoor, derivanti da impianti di climatizzazione scarsamente igienizzati, possono essere causa di patologie di vario genere.
La più comune è sicuramente la Sick Building Syndrome, conosciuta come Sindrome dell’Edificio Malato, cronologicamente associata all’attività lavorativa, poiché, spesso, l’allontanamento dall’ambiente malsano è sufficiente per la sua attenuazione, che avviene in genere in modo rapido, nel corso di qualche ora o di pochi giorni. Essa non è imputabile a un agente eziologico individuabile e colpisce una elevata percentuale degli occupanti, manifestandosi con sintomi vari e non specifici, quali astenia, cefalea, tosse, senso di costrizione toracica, irritazione delle mucose e della cute, bruciore e arrossamento degli occhi, sensazioni olfattive sgradevoli, nausea, torpore, sonnolenza e malessere diffuso. La prima e più immediata conseguenza di tutto questo è soprattutto in termini puramente economici, in quanto chi ne soffre è meno performante nello svolgere il suo lavoro.
Ci sono poi le Building Related Illnesses (BRI – Malattie correlate agli edifici) che, a differenza della sindrome dell’edificio malato, sono caratterizzate da un quadro clinico generalmente uniforme e un’eziologia ben identificata: batteri, miceti, virus e contaminanti chimici. Tali patologie, ben più gravi della precedente, sono spesso legate agli impianti di trattamento aria. I sintomi si presentano in una bassa percentuale degli occupanti dell’edificio, ma per la guarigione del paziente è necessario un tempo prolungato e un’adeguata terapia farmacologica. Ma ci sono altre patologie più gravi. Studi recenti hanno evidenziato la correlazione tra l’aria inquinata che respiriamo e l’insorgere o il peggiorare di malattie come l’Alzheimer, i tumori e i problemi cardiaci, solo per citarne alcune.
Gestione igienica impianti aria
Cosa fare, quindi, per avere sempre a disposizione aria pulita ed evitare di ammalarsi fra le mura dei nostri uffici, in palestra, al cinema o negli altri ambienti chiusi che frequentiamo? La mia opinione è sempre la stessa: procedendo alla corretta gestione degli impianti dell’aria. Solo con un’attenta valutazione del rischio aeraulico è possibile gestire correttamente gli impianti dal punto di vista igienico. Per esempio, con il DVR aeraulico di Alisea, ogni impianto viene ispezionato e categorizzato in base al rischio che corre, in modo da permettere, con un piano triennale, di agire prima sugli impianti che più lo necessitano, per poi passare agli altri meno a rischio.
In conclusione, vale la pena sottolineare come le evidenze scientifiche raccolte in materia abbiano spinto l’OMS a riconoscere nel 2000 la salubrità dell’aria indoor quale diritto umano fondamentale nel documento The Right to Healthy Indoor Air. Respirare aria pulita dovrebbe essere un diritto di noi tutti, impariamo a pretenderlo.